Dalle rovine di Castiglione, seguendo il fosso di Casoli, che si apre sul lato nord del Monte Gennaro (1271 m) con un percorso piacevole a mezza costa sulle pendici del Monte le Carbonere (673 m), si giunge ai ruderi del Molino di Casoli: uno dei pochi esempi di antica struttura produttiva agricola. L’edificio in pietra si trova sul sentiero che conduce al Pratone, nascosto fra la vegetazione, ed è situato nei pressi del fosso di Valle Grande, che scende dal Monte Gennaro e confluisce nel

fosso di Casoli. All’esterno le pareti sono state ormai colonizzate quasi completamente da edera (Hedera helix), che ne rende poco riconoscibile l’architettura.
All’interno, invece, si possono ancora distinguere gli ambienti e le strutture principali. Il piano terra è suddiviso in due ampi spazi da un arco a tutto sesto, e dalla porta di entrata si accede nella sala dove probabilmente avvenivano le operazioni di macinatura, poiché ospita ancora una mola in pietra “a ruota orizzontale”, che un tempo serviva a macinare i cereali destinati al consumo delle famiglie contadine.
Il piano superiore conserva il pavimento di legno, utilizzato come magazzino del grano, e vi si accedeva sia dall’esterno, tramite una porta superiore, sia dal piano terra, tramite una scala di legno, che ora non esiste più. È ben conservato anche il tetto di legno dalla forma spiovente. La vegetazione la fa da padrona anche negli spazi interni, rendendo molto affascinanti questi ruderi, in cui si ha l’impressione di sentire i rumori delle attività frenetiche che vi si svolgevano. Questo luogo ora è il regno dell’edera e del silenzio.

The Molino Casoli, one of the few examples of ancient agriculture productive structure, is now surrounded by vegetation that makes it difficult to recognize the architecture. On the other hand inside it’s possible to distinguish the environments and the main structures. The ground floor is divided into two large rooms by a round arch, and the entrance door leads into the hall where milling operations probably took place; infact, in the hall there still is a horizontal wheel milling stone, which once was used to mill the grain for the rural families. The upper floor still has the wooden floor, it was used as a grain warehouse and it was accessed both from the outside, through a port above, and with a inside wooden staircase which no longer exists. The wooden roof with sloping shape is well-preserved, too. This is the place where silence and ivy prevail, but with a little imagination one can get the impression to still hear the sounds of frantic activity that once took place here.

Segni dell’evoluzione del paesaggio montano
Una sorpresa per gli escursionisti sono le antiche pietre degli insediamenti dell’Età del Bronzo o medioevali in molte zone del Parco dei Monti Lucretili, ora abbandonate e coperte dalla vegetazione. Se ne trovano diverse, dal borgo medievale fortificato di Castiglione ai ruderi di Montefalco, dalla strada romana persa nei boschi della Valle di Casoli ai ruderi di Muraccia del Poggio, da quelli di Monte Castellano a quelli di Castel del Lago. Il bosco e le specie che vi abitano hanno privilegiato questi antichi ruderi, fin quasi a nasconderli agli occhi indiscreti del passante, a proteggerli dal tempo.
Oltre a questi insediamenti, in quasi tutte le aree del Parco è possibile trovare evidenti tracce di quelli che un tempo erano percorsi di transumanza, ora parte integrante di un paesaggio montano fatto di gallerie arboree e specie arbustive che lungo quei percorsi hanno trovato una sede privilegiata per riappropriarsi degli spazi persi. Una traccia evidente di tali attività è costituita dagli stazzi (recinti per il bestiame), realizzati con muri in pietrame a secco in scaglie di calcare, talvolta associati a ricoveri in muratura e paramento in calcare.
Il pascolo e l’agricoltura fin dall’epoca preistorica hanno avuto un forte impatto sul degrado del bosco, ma è forse con la diffusione delle carbonaie che il bosco ha subito i maggiori danni, con particolare riferimento al periodo storico in cui, cessato il commercio della neve (metà XIX sec.), questa attività divenne la principale fonte di sostentamento per le popolazioni locali. Ancora oggi si riconoscono le aree occupate un tempo dalle carbonaie, cerchi di terra nerastra inglobati dalla vegetazione.