Fosso della Scarpellata. Origini e storia del complesso di ville romane

 

All’imbocco della Valle della Scarpellata si trovano i resti di tre ville romane. Le tre domus, di diversa grandezza, furono realizzate in epoca repubblicana (edificate su resti arcaici) nella zona costituita dalla deposizione di detriti (cono di deiezione). L’ubicazione delle dimore, ben studiata, era tale che gli occupanti godevano di sole fino al tramonto e di protezione a nord dai gelidi venti. Il problema delle esondazioni invernali del fosso, che causavano gravi danni alle colture, fu risolto attraverso la progettazione di “chiuse”, capaci di rallentare l’irruenza delle acque arrestando la caduta dei grandi massi. Le acque piovane, captate in cisterne, venivano riutilizzate attraverso la rete acquedottistica.
La villa più grande, nella zona di Monteverde, è costituita da un muro in opus incertum e alleggerita (per effetto scenografico) da archetti ciechi, motivo per cui gli abitanti di Marcellina hanno definito la zona “gli Arci”. All’interno vi è una grande cisterna, costituita da due camere coperte da volte a botte. Rimangono alcuni resti della villa: un muro poligonale e un criptoportico completamente interrato. Al termine del muro si aprivano delle scale (viste dai contadini) che servivano gli ambienti signorili. Cento metri più in alto sorgeva un’altra villa, le cui rovine sono costituite da resti di edifici e una cisterna circolare in calcestruzzo a cielo scoperto per la raccolta di acque. Nel lato est vi era un lungo corridoio coperto da volta a botte che portava nelle camere (cubicola). Della terza villa, ubicata a 525 m, si notano due cisterne quadrangolari e un maestoso muro in opera poligonale, già oggetto di studi dell’archeologo Giuseppe Lugli (1890-1967) e, ancor prima, degli archeologi Thomas Ashby (1874-1931) e Rodolfo Lanciani (1845-1929).

At the beginning of the Scarpellata Valley there are the remains of three Roman villas of different sizes (built on archaic remains). Because of the location of the villas, the occupants enjoyed sun until sunset and protection from the cold north winds. The problem of the ditch winter flooding, which caused serious damage to crops , was solved building the dams capable of reducing the water impetuosity and stopping the fall of great boulders. Rainwater, put in tanks, were used through the waterworks. The larger villa, located in the Monteverde area, consists of an opus incertum wall with a large tank inside. There are still some remains of the villa: a patterned wall and a cryptoporticus completely buried. One hundred feet above the site there was another villa, whose ruins consist of the remains of buildings and an open air circular concrete tank for the collection of water. In the third villa there are two rectangular tanks and, on the left side, a majestic polygonal wall.

L’ origine Sabina degli insediamenti

 

Alcuni studiosi ipotizzano l’esistenza di insediamenti in epoca antecedente a quella romana, giacché le ville romane furono costruite su basamenti di opera poligonale e mura ciclopiche di probabile origine pelasgica o sicula. Queste popolazioni costruirono tra i Monti Cornicolani e i Monti Tiburtini varie città difese da queste cinte murarie, ubicate in posizioni strategiche e vicine l’una all’altra per far fronte alle continue scorrerie. L’archeologo Antonio Nibby (1792-1839) sosteneva che l’antico insediamento posto sotto la Scarpellata potesse essere un avamposto dei Sabini contro Latini e Tiburtini.
Si ipotizza che nell’area di Marcellina potesse esistere una città sabina (forse l’antica Medullium), successivamente conquistata dai romani, come molti altri centri sabini, e che la costruzione delle ville romane possa essere stata portata a termine nel periodo successivo ai conflitti fra le due popolazioni.