Qualcuno veniva da lontano…

Non pochi di noi docenti venivamo da Roma, da luoghi comunque lontani da Vicovaro, nucleo centrale dell’allora Scuola media Sabellico i cui plessi erano sparsi a varie distanze tra le catene dei Monti Lucretili, Tiburtini, Sabini, fino ai confini dell’Abruzzo. Per alcuni di noi si trattava di andare proprio in una di quelli, Licenza, che solo i colleghi che gravitavano nei dintorni – Tivoli, Subiaco, ecc. – conoscevano bene.In quella lontana prima metà degli anni ’80, posti di fronte all’agognata assegnazione di sede definitiva in luoghi sparsi della provincia romana, la scelta di Licenza era scaturita da stimoli i più estemporanei: memorie di studio sopravvenute – nei suoi dintorni aveva soggiornato, nel pieno della sua più alta produzione poetica, il grande Quinto Orazio Flacco −, l’esserci capitati in un’escursione estiva per andarvi a trovare una cara amica liceale che vi era nata e simili. Erano stati pretesti per rendere meno inquietante quel dover attrezzarsi a percorrere circa cinquanta-settanta chilometri, ogni giorno, dai nostri luoghi di residenza romana, tra il traffico intenso del GRA, autostrade, strade statali, con consumi non indifferenti di benzina. Non meno semplice era in ogni caso il più praticato ed economico uso dei mezzi pubblici: uscire pressoché all’alba; traversare la città di Roma con bus, metropolitana e simili e poi aggiungere il treno che portava a Pescara e fermava o a Tivoli o Mandela, o il pullman che, giunto dopo almeno un’ora a Tivoli, s’inerpicava poi per le curve della Via Tiburtina. Arrivare a Licenza significava una difficoltà in più. Mentre Vicovaro, tra i più importanti e antichi centri della zona, era direttamente raggiungibile con i pullman o comunque contava su una certa vicinanza con il casello dell’autostrada A 24 e della stazione ferroviaria di Mandela, Licenza significava percorrere altri sette-otto chilometri, disponendo di rari servizi locali. Spesso si contava sull’attesa paziente dei colleghi motorizzati più vicini  per darti un passaggio o su genitori di alunni, persone del luogo che ti conoscevano ormai come “professore” o “professoressa” e che ti caricavano a bordo sino alla scuola.
Si può capire come ogni giorno, per quei lunghi e tortuosi, defatiganti tragitti, si coltivasse il pensiero fisso di un rientro miracoloso e rapido a Roma. Era, però, un malessere che prendeva naturalmente a dileguarsi non appena si superava l’ultima galleria dell’autostrada e cominciavano a profilarsi, dal cavalcavia successivo, le scogliere sopra le quali si ergeva l’antico Monastero benedettino di San Cosimato, con lo stupore dell’azzurro limpido delle acque sottostanti che appartenevano a quello stesso Aniene che, nella periferia romana, si gettava plumbeo di melme e scarichi inquinanti nel Tevere.
Quel nodo alla gola per dover quotidianamente traversare mezzo Lazio si attenuava ancor più quando, poi, lasciando la Tiburtina, ci si inoltrava per la via Licinese, che, fiancheggiando Vicovaro e il piccolo borgo di Roccagiovine, si perdeva dentro la fitta vegetazione dei Monti Lucretili, lungo il corso del Digentia, fino a che l’ultima curva schiudeva la forma a mezzaluna entro la quale, sin dal Medioevo, attorno al castello degli Orsini, s’erano raccolte le case di Licenza. Scomparivano d’incanto il caos, gli ammassi di palazzi, i rumori di fondo e il silenzio stanco delle persone che si recavano ogni giorno a spendere la propria fatica quotidiana nella grande città e vi si sostituivano il verdeggiare dei lecci sui costoni dei Tre Campanili cui Orazio aveva dedicato eterne Odi, il tremulo sfiorare delle foglie dei salici le acque fresche dei corsi del Digentia e del Rio secco, celebrate dal poeta, l’incredulo imbatterti in rapidi attraversamenti di ricci, istrici, cinghiali, perfino qualche vipera a ognuna del gomitolo di curve che traversava quella che Orazio nominò la Valle Ustica, l’apparire del profilo severo della cima del Monte Pellecchia, magari imbiancata. Poi, dopo la volta che immetteva al paese, quel senso di accogliente calore che componevano i fumi dei camini delle case, il vocio allegro con cui i ragazzi cominciavano a chiamarti dalle finestre del piccolo edificio scolastico non appena scorgevano il tuo incedere infreddolito e affannato, il vapore della focaccia fragrante della tipica ricetta del pane locale che le colleghe si preoccupavano di non far mancare tra registri e libri pronti ad essere sfogliati.
Di più. A Licenza tornavano a esistere stagioni che la città, soprattutto le periferie dove ormai la gran parte della gente comune era confinata, riduceva ormai ad anonime e indistinte memorie, se non per le variazioni di luce e temperatura. Perfino quelle più rigide si offrivano in un’intensità quasi dimenticata.
D’inverno, quell’ultima galleria dell’autostrada segnava, alla sua uscita, l’immergersi improvviso in un segreto scampolo di natura e storia. Magari si era viaggiato per oltre un’ora e mezza con un pallido sole e poi, non appena il tunnel schiudeva di nuovo la luce, ci si trovava in un paesaggio di fiabe. Seppure imbacuccati in pesanti giacconi e nel timore di rimanere bloccati dal ghiaccio del primo mattino o della sera, la neve, non rara, stendeva un velo leggero che tratteneva a stento noi professori dalla voglia di unirsi a nostri ragazzi che attendevano l’ingresso in aula lanciandosi pallate o scolpendo pupazzi di neve. E poi l’autunno, con le tinte cangianti degli alberi, che componevano una sinfonia di verde, marroni, rossi, violacei, fucsia; l’aroma di purezza che sgorgava dall’incontro tra aria tersa, prime brine e acque chiare; i marroni che i ragazzi avevano raccolto nei numerosi castagneti circostanti; una calda fetta di bruschetta intrisa dell’olio di oliva di Sabina che il frantoio offriva in primo assaggio a noi viandanti della cultura e del sapere…Quindi la primavera, con i rosa delle foglie degli alberi di Giuda, il verde brillante dei prati di nuovo brulicanti di greggi e mandrie, un’escursione al Ninfeo degli Orsini, una passeggiata fino all’incanto dei laghetti misteriosi di Percile o tra i mosaici della Villa di Orazio, a perdersi nel tempo lontano dove le sue parole germogliavano incontaminate insieme a ogni stelo e creatura del paesaggio. Fino magari al fortunato inseguire il volo leggiadro dell’aquila reale che, dal nido sul Monte Pellecchia, si lanciava alla ricerca di cibo per il suo aquilotto finalmente venuto al mondo.
Come iniziammo…Fu probabilmente per il radicarsi di un senso di impagabile compenso alla fatica dei percorsi e degli orari  regalato da tali suggestioni, da un’armonia tra parola, conoscenza, natura e umanità, che molti di noi rimasero poi in quella scuola per tanti anni. Le prime insegne in legno del Parco dei Monti Lucretili, da poco istituito, le iniziative che la scuola Bucciante di Palombara Sabina, sede del Parco, aveva cominciato ad avviare, coinvolgendo anche la nostra collega, prof. ssa Imperiali che se ne faceva tramite di sensibilizzazione insieme ad alcuni colleghi della sede centrale, lo tradussero, poi, in un  impegno di cultura ecologica che portò l’intero Istituto di Vicovaro, e in particolare Licenza, per chi scrive e il gruppo che vi lavorò a tempo pieno, a distinguersi per l’assunzione dell’educazione ambientale non come una mera aggiunta progettuale, ma come offerta formativa pienamente integrata a quella globale didattico-educativa.
Il nuovo Gruppo Progetto orientò da subito il valore etico della tutela ambientale alla più ampia articolazione sociale, culturale, economica che implicava e alle potenzialità in ambito didattico-educativo che offriva. In altre parole, veniva accolto appieno lo spirito della Dichiarazione di Rio de Janeiro: idea globale e agire locale dello sviluppo sostenibile. educazione, sapere, metodologie, nuove possibilità formative dei ragazzi andavano a integrarsi nel progetto didattico-educativo generale della scuola – il POF –, identificandolo.
Coordinati dal Prof. Luigi Chiavarone – funzione obiettivo per il POF – e dal docente proponente Stella Schiazza – cui venne affidato il coordinamento esecutivo -, con la prof. ssa Imperiali autrice dell’editazione informatica, i colleghi del Gruppo progetto e quelli del gruppo di lavoro elaborarono un’ipotesi organica approvata dal Collegio dei Docenti che aveva i suoi punti forti nell’azione in rete, nell’idea dell’educazione ambientale non come spazio residuale o a sé stante, ma come finalità integrata dell’offerta istituzionale didattico-educativa della scuola: visione globale delle cognizioni e competenze formative; orientamento socio-culturale; recupero, svantaggio e potenziamento; metodiche e strumenti specifici  (monitoraggi, piani di lavoro comuni, valutazioni, registro personale del coordinatore ideato e prodotto  dal Gruppo Progetto); sperimentazione interdisciplinare (curricolo della geografia come sviluppo sostenibile, metodica trasversale  dell’Orienteering); uso delle innovazioni tecnologiche.
Nacque così il Progetto Sviluppo Sostenibile – Parco dei Monti Lucretili – Anno Scolastico 1999/2000, che ottennenotevole apprezzamento dal competente Ufficio del Provveditorato agli studi di Roma, il quale dispose l’assegnazione del docente di coordinamento. Vi furono operativamente coinvolti numerosi  altri docenti, compresi giovani supplenti e nuovi arrivati.
Fattore determinante risultò l’avvio dell’attività di rete. Da subito s’instaurò con il Parco dei Monti Lucretili un fruttuoso rapporto che vide da parte dello stesso ente notevole disponibilità a sostenere le iniziative progettuali del gruppo progetto, e così pure con gli atri fondamentali Enti territoriali, quali  i Comuni del bacino di utenza della Scuola Media Sabellico, in particolare quelli di Vicovaro e Licenza. La prospettiva di rete trovò ulteriore valenza con i rapporti che si consolidarono sempre più intensi con la Scuola di Palombara e diverse Associazioni e organismi ambientali locali e regionali, con la definizione di organici e puntuali protocolli di intesa.
Gli anni successivi – pur in presenza di difficoltà sempre nuove, impegni non trascurabili, esigenze di rimeditazioni – furono scanditi da crescite e risultati significativi: acquisizione di risorse; favorevoli riscontri in iniziative e concorsi (solo per citarni alcuni, Sempreverde, Celebrazioni Oraziane); collaborazioni in rete con altre scuole; partecipazione ad iniziative quali “Paesaggio ed ambiente” del M. Beni Culturali; successi ricorrenti nell’attività di Orienteering; richiesta di partecipazione dagli Enti, i più vari, a progetti istituzionali; attività di formazione ed anche di coordinamento formativo per altre scuole e altri docenti attraverso i Labnet di Montorio Romano e di Sabaudia. La scuola Media Sabellico andò sempre più a caratterizzarsi come uno dei riferimenti più significativi in ambito ambientale, tanto da conseguire anche nelle sedi di Vicovaro e Licenza significative dotazioni informatiche che permisero uno dei primi approcci organici, tra le scuole del Lazio, alla didattica cibernetica. Di qui la partecipazione alle Conferenze di Genova sull’ambiente e di Roma sul Paesaggio; l’organizzazione di convegni e occasioni di riflessione sullo sviluppo sostenibile gestiti dai docenti della scuola con la partecipazione attiva dei ragazzi; la realizzazione di prodotti d’intesa con gli Enti Locali quali depliant turistico-culturali; avvio, per i ragazzi meglio disposti, di percorsi formativi utili alla successiva acquisizione di standard di saperi e competenze specialistiche ambientali di livello qualificato − geologi, architetti del paesaggio, economisti, operatori storico-culturali, e, per quelli con maggiore disagio socio-culturale, di successive opportunità professionali.− guide turistiche, personale di sorveglianza, cooperative sociali e di e-commerce); interrelazione con la realtà economica del territorio sempre più orientata a caratterizzarsi nei marchi ecologici e di qualità.
Il coinvolgimento globale della scuola nella nuova veste di Istituto Comprensivo
Nel frattempo, le innovazioni legislative portarono alla costituzione dell’Istituto Comprensivo Statale Vicovaro. Con il sostegno significativo del nuovo Dirigente, dott. ssa Giacoma Missimei, e la collaborazione anche spontanea del personale non docente (di segreteria in particolare), si è proceduto al coinvolgimento fondamentale dei comparti della scuola primaria e dell’’infanzia e si è costantemente rinnovato il Progetto Sviluppo Sostenibile, integrandonecontenuti, iniziative, prodotti, tematiche, competenze con il ricchissimo patrimonio ideativo e operativo accumulato dalle scuole materne ed elementari. Fino a realizzare prestigiose collaborazioni quali quelle con l’Istituto di tradizioni orali italo-americano di Los Angeles– su un progetto connesso a Quinto Orazio Flacco – e a disporre di un patrimonio di esperienze fruibile dalla comunità, da  altre realtà e scuole, inserito, oltre che nel data-base elaborato dalla Scuola Media “Bucciante” a cura del gruppo coordinato dalla prof. ssa – P. Garrone , anche nella rete ANDREA realizzata allora dal Ministero Ambiente.
L’adesione al Programma GENS dell’ARP Lazio è stata la naturale evoluzione dell’esperienza che l’Istituto Comprensivo aveva ormai maturato. Sono stati tre anni che hanno visto l’Istituto Comprensivo partecipare nella globalità dei suoi comparti (livello infanzia, elementare, media) a iniziative significative nei più vari ambiti etnico, naturalistico, storico, civico, di orientamento socio-professionale  Particolare menzione merita il lavoro sull’Orienteering che è pervenuto alla definizione di una cartografia specifica dei nuclei storici di Vicovaro e Licenza, a cura di un cartografo specialista. Uno strumento a disposizione per la valorizzazione e diffusione dei beni culturali e naturali del territorio.
Tra le più originali e di rilievo, l’idea di costituire Consigli di area Locali dei ragazzi del Parco, dove convogliare rappresentanti scelti dai ragazzi coinvolti nell’iniziativa GENS e dove sperimentare quanto più possibile condizioni e attività tipiche per l’istituzione di un Consiglio dei ragazzi del Parco. Il nove giugno 2004 l’intera esperienza ha trovato il suo compimento nella riunione generale dei Ragazzi del Consiglio del Parco dei Monti Lucretili. Per tale iniziativa, proposta e concepita per la prima volta dall’Istituto Comprensivo di Vicovaro, il Parco dei Monti Lucretili ha conseguito nel 2005 il premio per la migliore idea originale proposta a livello nazionale dagli Enti Parco.
L’approccio motivazionale dell’iniziativa ha compreso il lavoro che il responsabile per l’ambito educativo dell’Ente Parco, Stefano Panzarasa, in collaborazione con i comparti elementari e medie della sede di Licenza, ha cominciato in quell’anno attorno al patrimonio poetico di Gianni Rodari, con particolare riguardo a testi quali “L’orecchio acerbo”, valorizzandone con originali arrangiamenti musicali il ricco bagaglio di sensibilizzazione alla natura e al patrimonio ambientale che il grande scritotre aveva con largo anticipo consolidato e offerto alle generazioni contemporanee e future.
Nel 2006 la lunga esperienza dell’Istituto Comprensivo di Vicovaro ha avuto anche un’eco internazionale attraverso lo scambio culturale con gli alunni dei corsi di lingua e cultura italiana all’estero della sede di Zurigo, con un  significativo spazio riservatole dal giornale scolastico locale.
Nello stesso anno il lavoro svolto negli anni dai docenti dell’Istituto Comprensivo Vicovaro ha trovato ulteriore riconoscimento con la citazione del proprio contributo nel testo. Frischer B. − Crawford J − De Simone M., The “Horace’s Villa” Project 1997 – 2003.−. E.6. Interpreting Treasure: Oral Tradition, Archaeology and “Horace’s Villa” By Luisa Del Giudice, Archeopress, Oxford, 2006. vol. I, pp. 353 e seguenti.

 

Educare e ambiente: qualche considerazione

Nel corso degli anni l’educazione ambientale ha acquisito spazi e rilievi che le sono dovuti, a partire da quel concetto di sviluppo sostenibile che la nostra scuola precocemente, nel suo piccolo, intuì come senso indifferibile di un equilibrato e diffuso progredire delle condizioni umane e, dunque, come prospettiva orientativa e formativa globale che coincideva con le finalità didattiche e pedagogiche del sapere e dell’educare, del preparare all’unico futuro possibile.
Nelle attuali e complesse dinamiche che il mondo propone, non solo di carattere economico, ma anche di bisogni di maggiore benessere delle relazioni sociali, di ripristino di condizioni di equilibrio dell’habitat naturale che ci accoglie, di riduzione del disagio globale che attraversa le giovani generazioni, acuisce i divari economici, svilisce la crescita culturale, “educazione ambientale” significa soprattutto restituire vivibilità esistenziale, sociale e fisica agli esseri umani; guardare al domani senza brusche cesure con il passato; considerare l’uomo protagonista di una rappresentazione, l’esistenza, che imprescindibilmente deve intrattenere una comunicazione corretta con il contesto naturale in cui si svolge.
“Educazione ambientale” è cultura e natura che disegnano insieme lo scenario, il paesaggio, entro il quale si realizza al meglio l’esperienza umana e dove l’uomo può riconoscersi senza smarrirsi o persino autoannichilirsi. Da una delle iniziative più significative che l’Istituto Comprensivo Vicovaro svolse, “Paesaggio come un volto”, è emerso chiaramente come ragazzi che disponevano di un riferimento ancora sufficientemente preservato a livello di ambiente naturale e di riferimenti valoriali, pur nel disagio per la mancanza dei tipici elementi e servizi attrattivi delle grandi città, percepissero il sentirsi parte di un prezioso contesto dove il giorno, la notte, l’aria, l’acqua, la terra, le stagioni, le sopravvivenze della storia, la memoria dessero colore, aromi, sapori, affettività, continuità generazionale al proprio, anche difficile, crescere e maturare. Il paesaggio entro il quale consumavano la loro esperienza si proponeva ai loro occhi come un volto, appunto, dai tratti  a loro familiari. La stessa esperienza trasferita nelle realtà fortemente urbanizzate, ancor più se degradate e desertificate, prive di riferimenti naturali e culturali, ha evidenziato come il proprio crescere vagasse in analfabetismi affettivi, inespressività relazionali, assenze di contatto con il reale, indistinti scenari asettici e omologanti.
Educazione ambientale è dunque più ampiamente poesia, storia, scienza, arte, economia, individualità e comunità, senso civico, trama perenne tra l’oggi, lo ieri e il domani. Più semplicemente, è educare a se stessi, agli altri e a una globalità equa e naturalmente compatibile.
      

Luigi Chiavarone (collaborazione redazionale Stella Schiazza)